Concorsi oleari, il no di diversi produttori

Vengo a conoscenza di sani produttori di olio da olive che giustamente e per ovvie ragioni non vedono di buon occhio i tanti concorsi oleari, sempre più presenti nel mondo dell’olio. Loro non partecipano, preferiscono desistere, abbandonare, perché riconoscono un sistema equivoco, opacizzato, inattendibile.  Parlo contro di me ma lo faccio con la mia solita libertà e trasparenza, sostenendo anche il mio disappunto a riguardo. E non solo dei concorsi, ma anche delle tante guide, non di tutte ma della maggior parte.

Spesso non si capisce se sono le persone che organizzano il Concorso a lavorare per le aziende o sono le aziende a lavorare per gli organizzatori del Concorso pagando la quota di partecipazione. Non sono regolarizzati da norme precise e quindi c’è la libertà di potersi comportare in maniera del tutto autonoma, ci si affida sostanzialmente alla buona fede di chi organizza, talvolta senza neanche conoscere le imprese. Si valutano gli oli, presumibilmente con assaggiatori professionisti ma ciò non è tenuto sapersi, è top secret.

Non si conosce l’azienda, il titolare, l’uliveto, la zona di produzione, la storia della famiglia e quindi potenzialmente ognuno potrebbe presentare ciò che gli pare. Ci sono produttori disonesti (pochi per fortuna) che hanno un campione di pochi litri di olio realizzato ad hoc per la partecipazione ai concorsi oppure che acquistano oli di qualità e ne fanno dei blend per i Concorsi ed ottenere visibilità e successi. E’ pressoché impossibile conoscere tutte le aziende produttrici, ma basta garantire la giusta trasparenza affinchè la fiducia diventi reciproca e tutto può funzionare bene.

Parlo contro di me perché io stesso ne organizzo uno, il Buonolio Salus Festival, che molti già conoscono o ne hanno sentito parlare. Io però penso che i Concorsi Oleari siano anche degli ottimi strumenti e una buona opportunità di immagine sia per le aziende partecipanti che per quelle che vincono, oltre ad avere un potenziale ruolo di promozione e comunicazione. Ci vuole onestà, come in tutte le cose ed il nostro Concorso è proprio questo. Noi abbiamo investito tanto del nostro tempo, delle nostre più care risorse, per organizzare un evento la cui finalità è solo accrescere la cultura di prodotto. Noi amiamo l’ulivo come l’olio e perseveriamo in un percorso del tutto difficile e tortuoso affinchè questo accada. Lo abbiamo detto ad alta voce: la cultura dell’olio dipende da tutti noi, compresi i produttori che credono fortemente nel proprio lavoro.

Se un Concorso è organizzato nella piena trasparenza ed onestà funziona, e come se funziona. Onesti devono essere i produttori di olio da olive a credere nel lavoro di chi organizza e soprattutto nel loro lavoro, nei loro ulivi e nella loro terra inviando il succo di oliva frutto del loro sacrificio. Deludere un produttore è l’errore più grande, allontanarlo dalla condivisione del proprio lavoro è inaccettabile e soprattutto in questo modo c’è il rischio di allontanare definitivamente i consumatori o i ristoratori o altra categoria del settore olivicolo.

L’olio è condivisione e forse nel passato – paradossalmente – lo era più di oggi. Se gli eventi e i concorsi oleari devono dividere le imprese e tutti gli operatori del settore e infangare ancora il nome dell’Italia, non ha più senso affaticarci. Ognuno prenda e segua la sua strada.


di Vincenzo Nisio - tutti i diritti riservati

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