Appunti di viaggio nella Terra degli Olivi: la Puglia da ricordare e quella da dimenticare

La destinazione è il Salento, il mare, ma con un obiettivo preciso: trascorrere una giornata non organizzata fra ulivi millenari e amici dell’olio. Tra gli alberi millenari si può percepire il vero valore dell'olio extra vergine d'oliva, sentirlo, quasi toccarlo. Poi però, in un ristorante, l'amara sorpresa

La Puglia è terra di ulivi.
Lo si immagina, si sa, ma quando ci si trova nel bel mezzo del paesaggio agrario esistente più antico del mondo, gli occhi fanno fatica ad assistere allo scenario. Quest’anno la destinazione è il Salento, il mare, ma con un obiettivo preciso: trascorrere una giornata non organizzata fra ulivi millenari e amici dell’olio.

Sono diretto a Melendugno, in provincia di Lecce, e durante il viaggio resto già impressionato dagli innumerevoli chilometri percorsi osservando ulivi alla mia destra e alla mia sinistra, segno indelebile di quello che è stato quest’albero per tutti i popoli del mediterraneo. Pochi giorni e riparto alla volta di Montalbano per incontrare l’amico Cosimo Damiano Guarini, agronomo, autore, pugliese doc e profondo conoscitore della materia, che trascorrerà del tempo con me facendo da Cicerone. Lascio la strada statale per entrare nel paese e non posso non fermarmi su una stretta via fiancheggiata da alberi monumentali e terra arida di colore rosso rubino: un primo impatto che mi lascia in silenzio, solo sotto un sole cocente, ad ascoltare i grilli e il vento che mai ha smesso di soffiare fra le foglie. Come un’orchestra sempre a suonare, sempre a suonare, per centinaia e centinaia di anni.

Ecco Damiano, un abbraccio doveroso e sincero, ottimo caffè nel bar di Piazza della Libertà e ripartiamo. Siamo diretti in un posto magico, incastonato in 20 ettari di uliveti centenari: è Masseria Montalbano, una delle più antiche esistenti sul territorio che costituisce il Borgo di Montalbano Vecchio in agro di Ostuni. A riceverci è proprio l’ingegnere Paolo Braglia che ringrazio ancora per averci permesso di visitare liberamente la struttura dove non è difficile rivivere grandi sensazioni e respirare l’atmosfera contadina dell’epoca: la grande e sfarzosa dimora signorile, la chiesa, le scuderie, il frantoio e gli alloggi dei coloni. Facciamo un salto veloce in cucina e lo sguardo va subito sulle diverse bottiglie di olio sul tavolo, per fortuna di grande qualità. Salutiamo lo chef Raffaele De Giuseppe, profondo conoscitore e innovativo interprete dei profumi e i colori della Puglia che da anni si impegna per recuperare l’autentico patrimonio enogastronomico del territorio, e ci avviamo all’uscita. E’ spettacolare vedere ulivi ovunque, un paesaggio lineare, unico, con esemplari tutti uguali e diversi, contorti, tutti tremendamente coltivati e curati.

Continuiamo per Ostuni, città sfavillante, chiara, soleggiata e percorsa da muretti a secco che hanno un valore inestimabile e che spesso portano a quelle antiche strutture di colore bianco poste nel bel mezzo di verdi radure. Arriviamo alla Masseria Scategna dove ci accoglie con grande allegria Raimondo, il titolare. La percezione è quella di essere stato catapultato nel 1600, tutto intatto e rigorosamente conservato, nessun rumore a sporcare quella straordinaria atmosfera, nessuno. Ero lì, inconsapevole e incantato da quei trulli che Raimondo continua a conservare. Lì, dove hanno vissuto i suoi antenati, che hanno calpestato quella stessa pavimentazione in pietra diventata lucida e segnata dal tempo per raggiungere, tra l’altro, il vecchio frantoio di famiglia non più funzionante, ma che fa rivivere esattamente i suoi tempi più belli. Stai lì a guardarlo, immagini e pensi che è incredibile come oggi non riusciamo più a vedere e vivere la bellezza di questi luoghi, presi come siamo da viaggi organizzati che ti impongono visite e orari. Raimondo alleva ovini e bovini ma ci ha rammentato le grandi difficoltà che vive l’agricoltura e l’allevamento oggi, la grande burocrazia, la spietata concorrenza e la disattenzione del consumatore verso le produzioni autentiche di qualità. Riflettevamo sul fatto che oggi l’economia è fatta per costringere tanta gente a lavorare a ritmi spaventosi per produrre cose perlopiù inutili e per costringere altri a lavorare a ritmi spaventosi per poterle comprare. Questo non dà felicità alle persone. Ci lasciamo, ottimisti.

Pochi chilometri e siamo al Dolmen di Montalbano di Fasano, tipico del luogo abitato all’incirca 5000 anni fa da genti primordiali, detti Pedicli, provenienti dall’Epiro. A pochi metri una caratteristica “caverna”, probabilmente dove si rifugiavano queste genti che vivevano soprattutto di caccia ed erano dediti a culti arcaici come la costruzione dei Dolmen. Pochi passi e siamo in un antichissimo frantoio ipogeo scoperto da poco. Ci colpisce un affresco straordinario proprio all’ingresso e quando entriamo scopriamo che è enorme, immenso, bellissimo: nei muri ci sono fossili di conchiglie, prendo qualche pietra per ricordo e ripartiamo. L’ultima fermata è quella che più mi affascina, perché ci aspetta il “gigante buono”: siamo a Masseria Giummetta, l’azienda agricola biologica di Giovanni Sabatelli. Ad accoglierci è la sorella Angela, persona autentica, che ci fa accomodare per un caffè e un ottimo cioccolatino amaro; in attesa che arrivi Giovanni scambiamo con lei due chiacchiere e la prima cosa che mi viene in mente da dirle è la differenza che ho riscontrato fra gli ulivi di questa zona, ben tenuti e coltivati, potati bene ed in salute, e quelli verso Lecce, dove ho notato un certo abbandono, alberi incolti e spesso con macchie rossastre forse appartenenti al batterio che ne sta minacciando la vita. C’è da dire (a scanso di equivoci) che nel Salento ho visitato meravigliose aziende, realtà del tutto fantastiche, ma questo è un dato che ho registrato percorrendo la strada che va da Lecce a Bari e che mi ha colpito. Continuiamo a parlare di Xylella, questo batterio che indubbiamente minaccia gli ulivi della Puglia e che fa paura anche a loro che coltivano più di 2000 esemplari millenari e 9000 alberi impiantati qualche anno fa. Non c’è ancora una verità sulla vicenda, ci sono pensieri alterati, gli agricoltori sono confusi fra ciò che dice la scienza e il complottismo. Insomma, è una situazione ancora molto complessa. Arriva Giovanni, un uomo semplice di poche parole, che si può definire “essenziale”, ci presentiamo e siamo subito nel piccolo museo contadino: bellissimo, singolare e ricco di storia. La sua azienda è biologica da oltre 20 anni: “è stata una scelta di vita” dice Giovanni “così come non ho mai voluto trasformare la mia antica masseria in agriturismo, ho voluto mantenere inalterata la natura di questo posto”. Partiamo con la sua station wagon alla volta del “gigante buono”, un ulivo millenario che avrà credo 3000 anni. Immaginate di trovarvi improvvisamente di fronte ad un uomo 50 volte più grosso di voi. Ecco, ora provate a immaginare che sensazione provereste. Fra i 2000 ulivi monumentali di varietà Ogliarola Salentina, segnati dalla Regione Puglia e dall’Unione Europea, indubbiamente si vive un’esperienza. Ho pensato che se i consumatori vivessero la stessa esperienza attribuirebbero all’olio estratto da quegli alberi il giusto valore, cambiando la loro dinamica degli acquisti. Dovrebbero visitare il territorio per non perdere il filo. Oltretutto Masseria Giummetta estrae un extravergine esclusivamente da ulivi monumentali e la cosa sensazionale è la possibilità di poter gustare lo stesso olio che hanno gradito prima le popolazioni italiche preromane e poi i Romani. Estratto dalle stesse piante… ma pensate, non è bellissimo? E soprattutto, questo ha un valore o no?

E’ ora di pranzo e a questo, soprattutto noi del Sud, non possiamo rinunciare. Sono tanti gli inviti ma accogliamo con grande gioia quello di Raffaele Leobilla e Carole Di Latte e ci mettiamo in viaggio per Carovigno, a pochi chilometri da Ostuni. Raffaele è titolare dell’azienda agricola Pietrasanta, che si tramanda da padre in figlio da oltre tre generazioni e produce un ottimo olio extravergine di oliva, una grandiosa passata di pomodoro “fiaschetto” ed una serie di ottime conserve. Ci mettiamo a tavola e prima di tutto assaggiamo il “Karpene”, l’extravergine di punta, un monocultivar di varietà Ogliarola, eccezionale. Versiamo nel bicchiere e via: alla vista si presenta di colore giallo con sfumature verdoline mentre al naso si apre con un fruttato di media intensità, fresco e pulito con sentori di mela verde, erbe aromatiche e un richiamo netto di frutti di bosco. Al palato è morbido con chiari rimandi vegetali in particolare il carciofo, amaro e piccante presenti e ben dosati, equilibrato. In chiusura un lieve sentore di rucola selvatica. Dopo l’eccellente pranzo ci tuffiamo letteralmente nelle terre dell’azienda, lontane da insediamenti industriali, strade e quant’altro potrebbe disturbarci: siamo immersi nel silenzio e solo col rumore crespo dei passi e delle foglie mosse dal vento di alberi millenari. Ce ne sono migliaia, pensavo tra me e me, ed è proprio qui che nasce il loro extravergine. Ecco il valore dell’olio: è qui, lo vedo, lo tocco. Il vento raccoglieva le varie essenze trasportandole, le sentivo forti: la rucola, gli ortaggi, le erbe. Una visita straordinaria e all’orizzonte, il mare. Gli occhi cadevano nel mare.

Torniamo ad Ostuni per un altro ottimo caffè e per salutare l’amico Marcello Palumbo della cooperativa Sololio e con lui una veloce visita al paese. Il mio viaggio termina nella bottega artigiana di Tonino Zurlo e non poteva finire meglio. Lui ha iniziato a lavorare legno d’ulivo dopo essere rimasto affascinato dalle forme e dalle venature nascoste in questo legno, è nel suo laboratorio anche nei giorni di festa: è la sua piccola dimora. Abbiamo chiacchierato a lungo e ci tornerò, lui è anche un cantastorie, incanta, e non si sente uno scultore ma un “tramite”, il cui compito è quello di svelare ciò che la natura ha sedimentato durante il suo corso: la vita e la storia.

Torno a Melendugno giusto in tempo per la cena ma vorrei solo una buona insalata di pomodori. Arrivo al ristorante dell’hotel 4 stelle dove alloggio, prendo la mia insalata e trovo dell’olio extravergine di oliva in bustine di plastica monodose. Caspita, in Salento, terra d’olio!? Leggo ed è olio di provenienza comunitaria; apro la bustina e mi accontento solo di annusare quell’orribile difetto di riscaldo e rancido. Un olio tremendo, improponibile e meno male che avevo con me – per buona abitudine – un extravergine pugliese di qualità. Quello della ristorazione resta un grosso problema da affrontare, uno di quei problemi che potrebbero ridare felicità a tanti e tanti produttori di olio autentico, artigianale.


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