La Puglia è
terra di ulivi.
Lo si
immagina, si sa, ma quando ci si trova nel bel mezzo del paesaggio agrario esistente più antico del mondo, gli occhi fanno
fatica ad assistere allo scenario. Quest’anno la destinazione è il Salento, il mare,
ma con un obiettivo preciso: trascorrere una giornata non organizzata fra ulivi
millenari e amici dell’olio.
Sono diretto
a Melendugno, in provincia di Lecce, e durante il viaggio resto già
impressionato dagli innumerevoli chilometri percorsi osservando ulivi alla mia
destra e alla mia sinistra, segno indelebile di quello che è stato quest’albero
per tutti i popoli del mediterraneo. Pochi giorni e riparto alla volta di Montalbano
per incontrare l’amico Cosimo Damiano
Guarini, agronomo, autore, pugliese doc e profondo conoscitore della
materia, che trascorrerà del tempo con me facendo da Cicerone. Lascio la strada
statale per entrare nel paese e non posso non fermarmi su una stretta via
fiancheggiata da alberi monumentali e terra arida di colore rosso rubino: un
primo impatto che mi lascia in silenzio, solo sotto un sole cocente, ad
ascoltare i grilli e il vento che mai ha smesso di soffiare fra le foglie. Come
un’orchestra sempre a suonare, sempre a suonare, per centinaia e centinaia di
anni.
Continuiamo
per Ostuni, città sfavillante, chiara, soleggiata e percorsa da muretti a secco
che hanno un valore inestimabile e che spesso portano a quelle antiche strutture
di colore bianco poste nel bel mezzo di verdi radure. Arriviamo alla Masseria Scategna dove ci accoglie con
grande allegria Raimondo, il titolare. La percezione è quella di essere stato
catapultato nel 1600, tutto intatto e rigorosamente conservato, nessun rumore a
sporcare quella straordinaria atmosfera, nessuno. Ero lì, inconsapevole e
incantato da quei trulli che Raimondo continua a conservare. Lì, dove hanno
vissuto i suoi antenati, che hanno calpestato quella stessa pavimentazione in
pietra diventata lucida e segnata dal tempo per raggiungere, tra l’altro, il
vecchio frantoio di famiglia non più funzionante, ma che fa rivivere
esattamente i suoi tempi più belli. Stai lì a guardarlo, immagini e pensi che è
incredibile come oggi non riusciamo più a vedere e vivere la bellezza di questi
luoghi, presi come siamo da viaggi
organizzati che ti impongono visite e orari. Raimondo alleva ovini e bovini
ma ci ha rammentato le grandi difficoltà
che vive l’agricoltura e l’allevamento oggi, la grande burocrazia, la spietata
concorrenza e la disattenzione del consumatore verso le produzioni autentiche di
qualità. Riflettevamo sul fatto che oggi l’economia è fatta per costringere
tanta gente a lavorare a ritmi spaventosi per produrre cose perlopiù inutili e
per costringere altri a lavorare a ritmi spaventosi per poterle comprare.
Questo non dà felicità alle persone. Ci lasciamo, ottimisti.
Pochi
chilometri e siamo al Dolmen di
Montalbano di Fasano, tipico del luogo abitato all’incirca 5000 anni fa da
genti primordiali, detti Pedicli, provenienti dall’Epiro. A pochi metri una
caratteristica “caverna”, probabilmente dove si rifugiavano queste genti che
vivevano soprattutto di caccia ed erano dediti a culti arcaici come la
costruzione dei Dolmen. Pochi passi e siamo in un antichissimo frantoio ipogeo
scoperto da poco. Ci colpisce un
affresco straordinario proprio all’ingresso e quando entriamo scopriamo che
è enorme, immenso, bellissimo: nei muri ci sono fossili di conchiglie, prendo
qualche pietra per ricordo e ripartiamo. L’ultima fermata è quella che più mi
affascina, perché ci aspetta il “gigante
buono”: siamo a Masseria Giummetta,
l’azienda agricola biologica di Giovanni Sabatelli. Ad accoglierci è la sorella
Angela, persona autentica, che ci fa accomodare per un caffè e un ottimo
cioccolatino amaro; in attesa che arrivi Giovanni scambiamo con lei due
chiacchiere e la prima cosa che mi viene in mente da dirle è la differenza che
ho riscontrato fra gli ulivi di questa zona, ben tenuti e coltivati, potati
bene ed in salute, e quelli verso Lecce, dove ho notato un certo abbandono,
alberi incolti e spesso con macchie rossastre forse appartenenti al batterio
che ne sta minacciando la vita. C’è da dire (a scanso di equivoci) che nel
Salento ho visitato meravigliose aziende, realtà del tutto fantastiche, ma
questo è un dato che ho registrato percorrendo la strada che va da Lecce a Bari
e che mi ha colpito. Continuiamo a
parlare di Xylella, questo batterio che indubbiamente minaccia gli ulivi della
Puglia e che fa paura anche a loro che coltivano più di 2000 esemplari
millenari e 9000 alberi impiantati qualche anno fa. Non c’è ancora una
verità sulla vicenda, ci sono pensieri alterati, gli agricoltori sono confusi
fra ciò che dice la scienza e il complottismo. Insomma, è una situazione ancora
molto complessa. Arriva Giovanni, un uomo semplice di poche parole, che si può
definire “essenziale”, ci presentiamo e siamo subito nel piccolo museo
contadino: bellissimo, singolare e ricco di storia. La sua azienda è biologica
da oltre 20 anni: “è stata una scelta di
vita” dice Giovanni “così come non ho
mai voluto trasformare la mia antica masseria in agriturismo, ho voluto
mantenere inalterata la natura di questo posto”. Partiamo con la sua
station wagon alla volta del “gigante buono”, un ulivo millenario che avrà credo
3000 anni. Immaginate di trovarvi improvvisamente di fronte ad un uomo 50 volte
più grosso di voi. Ecco, ora provate a immaginare che sensazione provereste. Fra
i 2000 ulivi monumentali di varietà Ogliarola Salentina, segnati dalla Regione
Puglia e dall’Unione Europea, indubbiamente si vive un’esperienza. Ho pensato
che se i consumatori vivessero la stessa esperienza attribuirebbero all’olio
estratto da quegli alberi il giusto valore, cambiando la loro dinamica degli
acquisti. Dovrebbero visitare il
territorio per non perdere il filo. Oltretutto Masseria Giummetta estrae un
extravergine esclusivamente da ulivi monumentali e la cosa sensazionale è la
possibilità di poter gustare lo stesso olio che hanno gradito prima le
popolazioni italiche preromane e poi i Romani. Estratto dalle stesse piante… ma
pensate, non è bellissimo? E soprattutto, questo ha un valore o no?
E’ ora di
pranzo e a questo, soprattutto noi del Sud, non possiamo rinunciare. Sono tanti
gli inviti ma accogliamo con grande gioia quello di Raffaele Leobilla e Carole Di Latte e ci mettiamo in viaggio per
Carovigno, a pochi chilometri da Ostuni. Raffaele è titolare dell’azienda
agricola Pietrasanta, che si
tramanda da padre in figlio da oltre tre generazioni e produce un ottimo olio
extravergine di oliva, una grandiosa passata di pomodoro “fiaschetto” ed una serie
di ottime conserve. Ci mettiamo a tavola e prima
di tutto assaggiamo il “Karpene”, l’extravergine di punta, un monocultivar di
varietà Ogliarola, eccezionale. Versiamo nel bicchiere e via: alla vista si
presenta di colore giallo con sfumature verdoline mentre al naso si apre con un
fruttato di media intensità, fresco e pulito con sentori di mela verde, erbe
aromatiche e un richiamo netto di frutti di bosco. Al palato è morbido con
chiari rimandi vegetali in particolare il carciofo, amaro e piccante presenti e
ben dosati, equilibrato. In chiusura un lieve sentore di rucola selvatica. Dopo
l’eccellente pranzo ci tuffiamo letteralmente nelle terre dell’azienda, lontane
da insediamenti industriali, strade e quant’altro potrebbe disturbarci: siamo
immersi nel silenzio e solo col rumore crespo dei passi e delle foglie mosse
dal vento di alberi millenari. Ce ne sono
migliaia, pensavo tra me e me, ed è proprio qui che nasce il loro extravergine.
Ecco il valore dell’olio: è qui, lo vedo, lo tocco. Il vento raccoglieva le
varie essenze trasportandole, le sentivo forti: la rucola, gli ortaggi, le
erbe. Una visita straordinaria e all’orizzonte, il mare. Gli occhi cadevano nel
mare.
Torniamo ad
Ostuni per un altro ottimo caffè e per salutare l’amico Marcello Palumbo della cooperativa Sololio e con lui una veloce
visita al paese. Il mio viaggio termina nella bottega artigiana di Tonino Zurlo e non poteva finire
meglio. Lui ha iniziato a lavorare legno d’ulivo dopo essere rimasto
affascinato dalle forme e dalle venature nascoste in questo legno, è nel suo
laboratorio anche nei giorni di festa: è la sua piccola dimora. Abbiamo
chiacchierato a lungo e ci tornerò, lui è anche un cantastorie, incanta, e non si sente uno scultore ma un “tramite”, il
cui compito è quello di svelare ciò che la natura ha sedimentato durante il suo
corso: la vita e la storia.
Torno a Melendugno
giusto in tempo per la cena ma vorrei solo una buona insalata di pomodori.
Arrivo al ristorante dell’hotel 4 stelle dove alloggio, prendo la mia insalata
e trovo dell’olio extravergine di oliva
in bustine di plastica monodose. Caspita, in Salento, terra d’olio!? Leggo
ed è olio di provenienza comunitaria; apro la bustina e mi accontento solo di
annusare quell’orribile difetto di riscaldo e rancido. Un olio tremendo,
improponibile e meno male che avevo con me – per buona abitudine – un
extravergine pugliese di qualità. Quello
della ristorazione resta un grosso problema da affrontare, uno di quei
problemi che potrebbero ridare felicità a tanti e tanti produttori di olio
autentico, artigianale.
Fonte: Teatro Naturale
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