L'olio sfuso non è in vendita

Parlarne ancora dopo più di dieci anni mi fa sentire triste, mi fa capire che ho ragione quando dico che non c’è innovazione nella testa degli olivicoltori e non c’è cultura di prodotto. Non me ne vogliano chi ci ha creduto e ci crede, chi ha fatto sacrifici per mettersi in regola ed ha valorizzato il proprio olio, non voglio fare di tutta l’erba un fascio, però larga parte dei produttori è ancora convinta che l’olio sfuso si possa commercializzare e lo fanno con tutto l’orgoglio che hanno. Ne ho avuto prova qualche giorno fa, dialogando con un gruppo di produttori, i quali si ricordavano che prima l’olio si vendeva così, direttamente al frantoio, dalle olive appena frante, puro e senza nemmeno filtrarlo. Extravergine o vergine? Non era importante, era genuino. E in effetti lo riconosco: prima si aspettava al frantoio l’olio nuovo, come una festa, un momento magico che ripagava appieno le fatiche dell’olivicoltore che con orgoglio vendeva il proprio olio alla famiglia che era lì e aspettava di vederlo  fluire dal separatore. Una tradizione millenaria. Dal 2002 tutto questo non si può fare più perché il legislatore, con il regolamento 1019 del 13 giugno 2002, impone l’obbligo di vendita al consumatore in recipienti con capacità massima di 5 litri regolarmente sigillati ed etichettati.

Il regolamento 1019 ha rappresentato una svolta, un cambio di rotta con tutta la sua penalizzazione del comparto e l’aumento di burocrazia e costi sia per i produttori che per i consumatori, ma credo che abbia rappresentato la strada giusta e necessaria per dare al prodotto olio il giusto valore. E’ impensabile infatti commercializzare olio sfuso - senza identità alcuna - banalizzandolo in contenitori di fortuna magari igienicamente non perfetti. C’è bisogno di crescere, di cambiare, di adeguarsi ai tempi e soprattutto di maturare dal punto di vista culturale. Olivicoltori dunque, adeguatevi. Gli anni 80 appartengono al passato e non è più accettabile piangersi addosso nella speranza che qualcuno arrivi a salvarvi, ci si deve credere in quello che si fa e chi ci ha creduto ora raccoglie con orgoglio quanto ha seminato da qualche anno. Lo dico con un pizzico di rabbia perché io ci credo. Come si valorizza il prodotto madre della propria terra? Con i recipienti in plastica anonimi o con una bella bottiglia etichettata o contenitore in acciaio inox? Le considerazioni degli amici olivicoltori sono del tutto legittime e le comprendo perché chi lavora può avanzare i propri dubbi sempre, però c’è bisogno di guardare oltre e fare delle scelte, capire qual è la strada da percorrere e farlo, senza alcun impedimento, perché abbiamo perso più di dieci anni e anche se oggi qualcosa è cambiato è ancora troppo quello che bisogna fare. Pensate alla Spagna, dieci anni fa era di gran lunga dietro di noi, oggi invece rappresenta sempre più il futuro e ci sottrae di continuo grosse fette di mercato, dopo avere acquisito i più grossi e storici marchi italiani. (GuardaPochi giorni fa ne ho parlato in questo articolo, dove Wine Spectator (famosa rivista USA) ha delineato un nuovo scenario per la Spagna, come produttore di oli di alta qualità.
In conclusione: l’olio è un alimento importante e non si può tornare indietro, bisogna legarsi al futuro e guardare avanti sposando l’idea che non bisogna banalizzare un prodotto simbolo come l’olio.

4 commenti:

  1. Ottimo articolo lo condivido in pieno, ma bisogna dire anche che l'europa e lo stato non hanno fatto la loro parte perché i controlli sull'olio sfuso non ci sono mai stati in capo agli olivicoltori.
    Spesso gli olivicoltori emettono i corrispettivi per la vendita di olio sfuso: Un paradosso o un autodenuncia?

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  2. Credo sia un paradosso e anche un' autodenuncia, molti produttori nemmeno lo sanno che l'olio sfuso non si può commercializzare. Nel mondo dell'olio c'è tanta confusione, purtroppo.

    Riguardo ai controlli, come sappiamo, in Italia non c'è Legge che tenga. Vedi tappo antirabbocco nei ristoranti, c'è la Legge ma nessuno controlla, e così è anche per la commercializzazione dell'olio sfuso. E' una questione culturale e non si vuole capire.

    Dal 1 luglio 2015 si rende obbligatorio il registro telematico Sian, che succederà?

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  3. Immagginate iva al 25 % , scenario apocalittico per l'olio , il produttore continuera a vendere olio sfuso allo stesso prezzo di prima della futura entrata dell'iva al 10 % , mentre il frantoiano che rispetta la legge vendera' l'olio con la maggiorazione per l' iva al 10 % , quindi quest'ultimio sara per due volte , dico due volte beffato , uno sul costo della lattina e due sulla futura iva al 10 %.. Chiave di lettura DOVE STANNO I CONTROLLI AI PRODUTTORI??

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  4. Il problema è tutto li: i controlli- L'Italia è il paese dei balocchi, si fanno leggi per buttare polvere negli occhi alla gente o accontentare qualche organizzazione sindacale che deve avere consensi dai propri soci e dalla gente perchè promotrice della norma. Vedi tappo antirabbocco!
    Siamo un paese ridicolo

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